Portare il proprio cane in azienda. Cosa dice la legge?
Una celebre frase recita: “Più gente conosco, e più apprezzo il mio cane”
Effettivamente è così, e forse per questo motivo sempre più felici possessori di animali da compagnia (per antonomasia cani), si chiedono se è possibile portare il proprio amico sul luogo di lavoro.
Anche perché sembra che nel mondo sempre più aziende sono pet friendly, come Amazon, Unicredit, Google e molte altre.
Quindi è possibile farlo? Fermo un attimo. La risposta è sì. Ma anche no.
Mi spiego meglio.
Dobbiamo far collimare la legge (da una parte), ed il buon senso (dall’altra parte).
E – piccola ma dovuta premessa – in questo video ci riferiremo per praticità ai cani.
Mettiamo insieme quindi alcuni punti.
Cosa è necessario considerare?
Punto numero 1. Portare animali da compagnia in azienda non è espressamente vietato dalla legge. Quindi lo si può fare in ogni caso? No, perché dobbiamo ora spiegare il punto numero 2.
Punto numero 2. In assenza di una legislazione speciale, vale quella generale. Tra cui il Codice Civile, che nell’art. 2087 impone all’imprenditore di adottare le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Cosa significa?
Che in tutte le aziende (come negli stabilimenti produttivi) all’interno delle quali la presenza di uno o più cani potrebbe determinare un pericolo per i lavoratori, il loro accesso deve essere vietato. Basti pensare a cosa potrebbe accadere, banalmente, se un cane urta il padrone (o un altro lavoratore) mentre quest’ultimo sta svolgendo un’attività con un utensile pericoloso in mano.
Ma non solo.
Punto numero 3. Ribaltando il concetto del punto numero 2, la presenza di un animale in azienda potrebbe costituire un pericolo per l’animale stesso. Ovviamenete.
E poi c’è il punto numero 4. L’animale, per quanto docile e mansueto in un ambiente domestico, potrebbe diventare irrequieto e/o pericoloso in un ambiente diverso. Per non parlare delle possibili allergie da parte di terzi, così come il fastidio o vere e proprie fobie (per quanto potrebbero apparire incomprensibili ai possessori di animali).
E quindi? Si può o no? E se sì, a quali condizioni?
La procedura
Ecco una possibile sequenza di azioni.
Innanzi tutto sta al datore di lavoro decidere, tenuto conto dei passaggi di seguito indicati.
- Valutare i rischi dell’azienda, anche in relazione alla presenza di animali. Se la loro presenza costituisce un pericolo, il loro accesso è vietato.
- Se invece, a seguito della valutazione, si ritiene che la presenza sia fattibile, si deve conto dell’effetto derivante anche dalla sola presenza dell’animale su altre persone presenti, com nel caso di eventuali allergie.
- Se anche a seguito di questo passaggio non vi sono condizioni ostative, è necessario che venga definito un regolamento che stabilisca quali luoghi siano accessibili e quali regole devono essere seguite.
- Tra queste regole, certamente valgono quelle di base indicate dalla Circolare del Ministero della Salute del 16/08/2013, tra cui:
a. Guinzaglio
b. Disponibilità di una museruola (disponibilità, non obbligo che venga indossata)
c. Registrazione all’anagrafe canina
d. Vaccinazioni, nei casi e nelle modalità previste
e. Garantire che l’animale sia in buone condizioni di pulizia, igiene e di salute
f. Garantire che l’animale non sia molesto (quindi educato a convivere in un luogo pubblico, anche in relazione alle proprie deiezioni)
Ed in caso di danni?
Eventuale giurisprudenza potrà chiarire ancora meglio ma, fatta salva la negligenza del datore di un lavoro che consente la detenzione di animali in condizioni di pericolo, se un animale causa un danno chi paga è il proprietario.
Per questo motivo, una ulteriore possibilità da parte del datore di lavoro che autorizza la presenza di animali è quella di richiedere al proprietario di stipulare una polizza assicurativa di responsabilità civile.
In conclusione.
In determinate condizioni, la presenza di cani sul posto di lavoro può essere di beneficio in termini di stress, miglioramento delle prestazioni lavorative, riduzione dell’assenteismo e rafforzamento della socialità.
Ma devono essere rispettate delle regole che, in pratica, devono essere definite dal datore di lavoro stesso sulla base della legislazione generale, e quindi dei rischi, ma – soprattutto – del buon senso.
Ed a questo punto, il buon senso è necessario da parte di tutti.
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