Stone NewsSicurezza sul lavoro nelle microimprese. Ecco perché (quasi sempre) non funziona

Sicurezza sul lavoro nelle microimprese. Ecco perché (quasi sempre) non funziona

“Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito.”

È quanto recita un proverbio di discussa origine. Il significato è semplice: non bisogna fermarsi alla superficie delle cose, ma coglierne la profondità, la verità.

Questo proverbio si applica perfettamente alla sicurezza sul lavoro ed a tutto ciò che essa comporta.

Il problema delle microimprese

Fermo un attimo. Leggi nuovamente la precedente frase, facendo attenzione questa volta al corsivo: “Questo proverbio si applica perfettamente alla sicurezza sul lavoro ed a tutto ciò che essa comporta”.

Sì. Gestire la sicurezza sul lavoro non riguarda solo la sicurezza sul lavoro in senso stretto. Anzi, quest’ultimo tema non è che una minima parte dello scenario globale di attività.

Ben inteso: qui non si intende dire che la materia normativa e tecnica sia di secondaria importanza, anzi. Ma la verità, amara, della quale bisogna prendere atto è la seguente: micro e piccoli imprenditori in particolare, generalmente non posseggono né internamente (in prima persona o attraverso il proprio personale), né esternamente (per il tramite di consulenti già selezionati) know-how e competenze necessari per avviare il profondo processo di rinnovamento aziendale che tale gestione richiede. In altri termini, nella maggior parte dei casi essi non hanno gli strumenti per mettere a frutto e tradurre in concreto miglioramento (o, se necessario, in adeguamento), le competenze puramente tecniche dei consulenti che occupano di sicurezza per loro conto.

E non si sta parlando di una minima parte delle imprese italiane. Secondo una statistica, nel nostro Paese le aziende con meno di 9 addetti rappresentano l’86,4% del totale. Inoltre, i lavoratori occupati in imprese con meno di 9 addetti sarebbero il 46% sul totale degli occupati, contro il 18% medio dell’Eurozona.

Potremmo quindi riduttivamente affermare che gli aspetti squisitamente tecnico/ingegneristici relativi alla sicurezza possano rappresentare il dito che si guarda quando si indica la luna.

Ecco quindi da un lato il D.Lgs 81/2008, una normativa di stampo Europeo, che sembra tarata per sua stessa natura su aziende strutturate, che si muovono sulla base di pianificazioni di medio/lungo periodo centrate su strategie di investimento e di budgeting; e dall’altro lato un Paese – l’Italia – popolato da artigiani, da microimprese il cui lo stesso titolare si trova in laboratorio insieme ai propri dipendenti, totalmente focalizzato sulla produzione.

Tali imprese fanno fatica anche solo a comprendere il senso dell’impostazione della norma. Basti pensare ad una società in nome collettivo (s.n.c.) costituita da due o tre soci lavoranti, senza dipendenti, ed alla previsione di elezione di un Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza.

La distanza tra l’assetto organizzativo e culturale – sì perché di cultura si tratta – tipico della microimpresa e quello necessario per attivare efficacemente una strategia di prevenzione, affiora nella sua totale evidenza, tipicamente, in occasione della condivisione dell’esito della valutazione dei rischi e delle conseguenti misure di adeguamento e miglioramento da adottare.

Case Studies

A titolo di esercizio, proviamo ad analizzare due case study relativi ad altrettante microimprese artigiane nel settore manifatturiero.

La prima è una falegnameria sita in provincia di Macerata. La forma giuridica è s.n.c. (società in nome collettivo) con 3 soci, fratelli, due dipendenti ed una impiegata amministrativa incaricata della fatturazione e dei pagamenti. L’azienda si occupa della produzione di serramenti ed infissi all’interno di un opificio artigianale realizzato alla fine degli anni ’80, ossia quando l’azienda stessa è nata.

La seconda è una ditta individuale in provincia di Ascoli Piceno, più giovane, nel settore dell’installazione ascensori. Oltre al titolare, sono occupati 3 dipendenti. In aggiunta alle attività presso i committenti (generalmente cantieri edili), la ditta possiede un laboratorio nel quale vengono svolte lavorazioni tipicamente metalmeccaniche: saldature, assemblaggi, asportazione del truciolo metallico.

Esaminiamo ora, in breve e non in modo tecnicamente esaustivo, le principali prescrizioni di miglioramento ed adeguamento evidenziate a seguito delle valutazioni dei rischi e non correttamente assolte in entrambe le realtà produttive.

Nota: eviteremo di inserire le prescrizioni relative a mere forniture, quali DPI di varia categoria, segnaletica, apprestamenti mobili antincendio e simili, poiché non di interesse rispetto all’argomentazione che si sta trattando.

Azienda: Falegnameria

Si rendeva necessario, principalmente:

  • Adeguare l’impianto di aspirazione alle direttive Atex
  • Sostituire il carrello elevatore
  • Adeguare i seguenti macchinari: sega circolare, pialla a filo, pialla a spessore, carteggiatrice, foratrice a catena, squadratrice doppia
  • Adeguare l’intera struttura alle normative antincendio, previa realizzazione di un progetto antincendio finalizzato alla valutazione di conformità da parte dei Vigili del Fuoco ai sensi del DPR 151/2011
  • Formare e addestrare tutti i lavoratori
  • Individuare e formare i preposti
  • Aggiornare la formazione delle squadre di emergenza

Azienda: Installazione ascensori

Si rendeva necessario, principalmente:

  • Adeguare l’impianto elettrico
  • Adeguare sega a nastro ed altre attrezzature non conformi
  • Installazione di banchi aspirati
  • Installazione di un impianto di aspirazione per i fumi di saldatura
  • Smantellare soppalco di stoccaggio ed installazione di una scaffalatura industriale a norma
  • Installare sistemi di schermatura da Radiazioni Ottiche Artificiali
  • Adeguamento dei servizi igienici tramite rifacimento bagni e realizzazione di un piccolo blocco spogliatoio/docce
  • Formare e addestrare tutti i lavoratori anche in relazione a lavori in quota e in ambienti confinati e sospetti di inquinamento
  • Individuare e formare i preposti
  • Formare le squadre di emergenza

Come appare evidente dal confronto dei due elenchi di prescrizioni, seppur si trattasse di aziende diverse per settore merceologico e per assetto societario, in entrambi i casi l’adeguamento comporta – innegabilmente – un’attività di pianificazione e gestione che va oltre la “semplice” sicurezza sul lavoro, o ancor meglio oltre la mera adozione di misure tecniche in senso stretto.

Non si tratterebbe di una grande novità. La sicurezza deve essere realizzata “by design”, ossia come uno step necessario dal quale non si può prescindere sin dalla progettazione dell’impresa e di qualsiasi aspetto (di qualsiasi natura), che comporta l’impiego di lavoratori subordinati o equiparati. Tuttavia, nella maggior parte dei casi relativi alle micro e piccole imprese la sicurezza viene assunta in itinere, quando l’azienda ed ogni suo meccanismo sono già in corsa e non infrequentemente già con un elevato livello di obsolescenza.

Questione di competenze

In questo scenario, caratteristico dei casi appena descritti, l’imprenditore deve mettere in campo un significativo insieme di skills di tipo “hard” per sostenere la profonda transizione innescata dalla sicurezza: pianificazione finanziaria, business planning, strategie di accesso al credito, pianificazione fiscale, processi aziendali, marketing strategico, agile organization, sostenibilità e molto altro.

Tutto ciò, ovviamente, in un processo di medio lungo periodo.

Per non parlare delle skills di tipo “soft”, meno evidenti ma altrettanto significative ai fini del buon esito di qualsiasi iniziativa e tanto più del radicale rinnovamento di che trattasi: gestione e sviluppo risorse umane, comunicazione interna ed esterna, leadership, ecc.

È chiaro che tutte queste competenze hard e soft non possono fare capo ad un’unica figura di riferimento: quella del Consulente per la sicurezza (sia esso RSPP esterno/interno o meno), che è e dovrà continuare ad essere una figura tecnica, né quella del datore di lavoro stesso.

Resta allora il fatto che per una realtà produttiva organizzata che non abbia già una sua struttura ed un insieme di competenze già acquisite all’interno (ossia nell’ambito del personale stabile) e/o all’esterno (ossia tra i consulenti che hanno superato con successo un processo di selezione a fronte di risultati già prodotti e consolidati), affrontare la sicurezza sul lavoro e tutto ciò che essa comporta diventa una montagna molto ardua da scalare.

Per quanto il livello di intenzione dell’imprenditore possa essere molto alto, frequentemente il miglior risultato che si riesce ad ottenere – in assenza di dette competenze – è il mero adempimento formale di quanto previsto dalla Legge. DVR, corsi, formalizzazioni varie, consegna DPI e poco altro. Certamente non è questo lo spirito della legge, né la migliore condizione di prevenzione da garantire ai lavoratori.

Quale approccio da parte del consulente per la sicurezza?

Vi è però un rovescio della medaglia.

Alcuni imprenditori, seppur piccoli per volume di fatturato, numero di dipendenti e struttura, riescono a cogliere l’assist che la sicurezza sul lavoro offre loro: catalizzare l’acquisizione di know how e processi tipici delle grandi aziende, in un nuovo modello di miglioramento continuo. Un modello di gestione che li porta a distinguersi positivamente sul mercato.

Ciò è possibile solo attraverso un supporto adeguato che non può essere limitato alle “sole” competenze tecniche tipiche del consulente per la sicurezza/RSPP (e questo non vuole essere un termine riduttivo).

È importante quindi che in primo luogo coloro che si occupano di sicurezza in qualità di operatori del settore (società e/o professionisti) abbiano essi stessi, prima di tutto, una corretta e più ampia visione della sicurezza e di tutto ciò che essa comporta e che si assicurino che i piccoli e i micro imprenditori da loro assistiti comprendano e vengano accompagnati dovutamente in tale processo di rinnovamento.

E non che, semplicisticamente e periodicamente, si limitino a continuare a visitare i propri clienti prescrivendo sempre i medesimi adempimenti tecnici e normativi non correttamente assolti. Questi ultimi sono la conseguenza, non la causa che li genera. Sono l’effetto del bisogno, il più delle volte non consapevole da parte degli imprenditori, di essere accompagnati in un graduale processo di acquisizione di soft e hard skills e di competenze di organizzazione e gestione trasversali.

In buona sostanza, è importante che tutti insieme (e chi si occupa di sicurezza in primis), iniziamo a guardare la luna. E non il dito che la indica.

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