Infortuni sul lavoro. L’Italia è veramente la peggiore in Europa?
“Se tu mangi due polli e io nessuno, statisticamente risulta che ne abbiamo mangiato uno ciascuno.” Questa frase, attribuita a Charles De Gaulle, mette in evidenza un fatto: quando si commentano dati statistici bisogna stare molto attenti.
Ed è quello che succede anche in merito agli infortuni sul lavoro.
Facciamo un esempio.
Cosa si dice dell’Italia?
“Morti sul lavoro. Nell’Unione Europea siamo tra quelli che fanno peggio”
“Morti bianche in Europa, Italia seconda dopo la Francia”
“Infortuni sul lavoro. Primato negativo per l’Italia”
Sono tutti titoli di articoli sul tema della sicurezza sul lavoro, nei quali l’Italia viene fatta comparire come fanalino di coda dell’Europa. Come uno dei posti meno sicuri in cui lavorare.
È veramente così?
Ben inteso, gli infortuni sono ancora tanti, troppi. E c’è ancora molto lavoro da fare. Nessuna morte sul lavoro è accettabile. Punto.
Ma, come detto, la lettura dei dati degli infortuni sul lavoro potrebbe essere fuorviante, in particolare quando vengono comparate statistiche grezze o valori assoluti.
Ed avere un’idea distorta (per quanto generale) circa l’esito delle proprie azioni, potrebbe indurre – in chi invece si sforza di applicare le norme di prevenzione – un senso di frustrazione ed inadeguatezza che non aiuta certo a perseverare nell’impegno verso una sempre migliore sicurezza.
Quindi, in sintesi:
- Premessa numero 1: nessuna morte è accettabile e c’è ancora tanto da fare
- Premessa numero 2: dati corretti, percezione corretta e quindi impegno corretto
E allora confrontiamo un po’ di dati.
Come confrontare i dati in modo corretto?
Tutti i numeri a cui faremo riferimento in questo video sono tratti dall’Eurostat (Ufficio centrale di statistica dell’Unione Europea), pubblicati anche sul sito dell’INAIL. Anno 2020, ossia l’ultimo disponibile.
Prima tabella.

In questa tabella è riportato, in valore assoluto, il numero totale degli infortuni mortali (esclusi quelli in itinere in quanto non rilevati da tutti i Paesi).
E l’Italia è prima: è stato il paese con il maggior numero di eventi letali. Seguita da Francia, Spagna e Germania.
Ma, di per sé, questo dato grezzo è indicativo nel momento in cui viene rapportato con quello di altri paesi?
No, perché non tiene conto di una serie di fattori.
- Il primo: il numero di occupati di un paese. È chiaro che in Francia – che conta 67 milioni di abitanti – ci saranno più occupati, e quindi più infortuni in valore assoluto rispetto (ad esempio) al Lussemburgo, che di abitanti ne ha solamente 600 mila.
- Il secondo: I criteri di classificazione degli infortuni come tali. Non tutti i Paesi classificano gli infortuni stradali ed in itinere. Altri paesi conteggiano come infortuni solo quegli eventi che determinano un’assenza dal lavoro superiore ad un certo numero di giorni. Altri paesi non conteggiano gli eventi dei lavoratori della pubblica amministrazione o di altri settori. E via dicendo. I valori rilevati devono essere quindi normalizzati.
- Il terzo: la struttura economica di un dato paese. Questo, probabilmente, è il fattore più complesso. Come si può ben immaginare, settori economici molto diversi tra loro in termini di rischio (si pensi al settore minerario rapportato con quello delle attività finanziarie) determinano incidenze infortunistiche assolute molto diverse. E paesi differenti hanno percentuali di lavoratori occupati nei vari settori profondamente differenti. E quindi infortuni in numero profondamente differente.
Come dire: non si possono paragonare mele con pere.
Ecco perché la stessa Eurostat ha più volte espresso la raccomandazione di utilizzare esclusivamente i “tassi standardizzati di incidenza infortunistica”.
Di cosa si tratta?
I tassi standardizzati di incidenza infortunistica
Sono tassi ricalcolati allo scopo di correggere tutte le distorsioni generate dai fattori sopra descritti e comparare, quindi, in modo equo i dati provenienti da paesi diversi.
Solo attraverso dei “tassi standardizzati” si potrà avere una lettura comparativa che abbia un senso.
E allora? Come stiamo messi i Italia?
Abbiamo detto che, come dato grezzo, abbiamo il triste primato in Europa per numero di infortuni mortali.
Applicando i tassi standardizzati scendiamo al 14° posto.



E per gli infortuni non mortali?
Siamo quarti come valore assoluto. Ma tredicesimi applicando i tassi standardizzati.






Sia chiaro. E lo ripeto di nuovo. Questo non ci solleva di molto. Quella degli infortuni continua ad essere una strage inaccettabile.
Ma è giusto che, sia gli operatori del settore che i mezzi di comunicazione siano in grado di trasmettere informazioni corrette.
Mangiare davvero un pollo ciascuno è meglio per tutti, non trovate?
(fonte dati: https://www.inail.it/cs/internet/attivita/dati-e-statistiche/statistiche-europee.html)
Related Posts
Corte di Cassazione: Cosa succede se un “amico” ti “aiuta” sul lavoro?
Hai un’azienda.Un amico ti sta facendo, a titolo di favore, un “lavoretto”A cosa vai incontro? TI RACCONTO UN CASO
Emergenze. Ecco cosa può uccidere te e gli altri
Il comportamento dei passeggeri sul volo Aeroflot del 5 maggio 2019 è emblematico.Sembra che in tanti abbiano deciso di
Sicurezza. Sei causa o effetto? (L’unica causa che ti salva la vita)
Vorrei parlare di un argomento tabù. Se non ti va sentirlo e di metterci in discussione, fermati pure qui e vai a veder
Caduta dall’alto. I 5 errori fatali nell’uso delle imbracature
La caduta dall’alto continua ad essere la principale causa di morti sul lavoro. Rappresentano un terzo sul totale degl
Leave a Reply