Tecnologia RFID: una soluzione per la sicurezza sui cantiere?
Il continuo aumento degli incidenti sul lavoro , sta comportando un intensificarsi di sforzi ed investimenti specie in ricerca tecnologica volta ad identificare soluzioni valide per prevenire situazioni di pericolo.
Sempre di piu’ si sente parlare di tecnologia RFID da impiegare sui cantieri.
Va detto che RFID (o Radio Frequency IDentification o Identificazione a radio frequenza) è , piu’ in generale , una tecnologia per la identificazione automatica di oggetti, animali o persone (AIDC Automatic Identifing and Data Capture) basata sulla capacità di memorizzare e accedere a distanza a tali dati usando dispositivi elettronici (chiamati TAG o transponder) che sono in grado di rispondere comunicando le informazioni in essi contenute quando “interrogati”.
In un certo senso sono un sistema di lettura “senza fili” costituito da un sistema di ricezione (Lettore) e di uno o piu’ Tag RFID che sono in grado di emettere delle informazioni via radiofrequenza.
Va da se’ che , se ogni lavoratore dispone di un Tag o apparato emittente , ne risulta molto semplificata la localizzazione degli stessi sul cantiere permettendo di intervenire in modo assai tempestivo in caso di incidenti .
Specie in cantieri di grandi dimensioni oppure su piattaforme petrolifere il tempo di intervento a causa di un sinistro puo’ vuol dire la differenza tra la vita e la morte
Diverse societa’ americane ed europee hanno sviluppato sistemi di geolocalizzazione, basandosi su sistemi di identificazione a radiofrequenza, per la gestione avanzata della forza lavoro.
I sistemi si basano essenzialmente su una combinazione di tag Rfid, e sistemi di lettura che permettono un controllo ed una supervisione dell’intero perimetro di lavoro in cui i dipendenti si trovano a operare. Ogni lavoratore è munito di un badge dotato di un tag attivo che contiene al suo interno una batteria. Il dispositivo, che si attiva automaticamente, trasmette informazioni che consentono la geolocalizzazione e il controllo delle attività svolte in loco.
Questo tipo di soluzione permette una tracciabilità del personale, la gestione del controllo degli accessi e i piani di evacuazione, permettendo inoltre l’emissione di una reportistica dettagliata .
Una delle ultime sperimentazioni riguardano la dotazione ai lavoratori di dispositivi di protezione individuale che dispongono di un proprio tag Rfid al fine di verificare costantemente che siano adottate le corrette misure di sicurezza sul cantiere
Anche in Italia importanti imprese pubbliche e private stanno sperimentando soluzioni che sfruttano la radiofrequenza per aumentare i livelli di sicurezza del personale addetto ai servizi di manutenzione delle infrastrutture.
Rfid Come funziona tecnicamente
L’identificazione avviene usando un’antenna per leggere un chip digitale (chiamato tag, o transponder) che è stato applicato sull’oggetto. Il tag contiene un certo numero di informazioni relative alla persona o all’oggetto su cui è applicato. Il tag non ha bisogno di elettricità per funzionare, grazie a un fenomeno chiamato “induzione magnetica”: quando viene “illuminato” dal campo magnetico dell’antenna il tag è infatti in grado di accumulare quella poca energia che gli serve per trasmettere, a breve distanza, le informazioni che contiene. Questo tipo di tag viene chiamato “passivo”. Se invece è necessaria una potenza maggiore, per trasmettere a lunga distanza, il tag dev’essere alimentato da una sorgente di elettricità, come una batteria. In questo secondo caso il tag viene chiamato “attivo”.
Prospettive applicative dell’Rfid
Per i ricercatori privati e le università, l’Rfid è una sfida.- perché nei prossimi anni ci sarà bisogno di progettare tag e lettori sempre più sensibili e intelligenti.
Per chi lavora negli ospedali, nelle pubbliche amministrazioni, nelle biblioteche, nella protezione civile, nell’esercito, l’Rfid è una promessa. Perché grazie a questa tecnologia è possibile garantire più controllo, più sicurezza, più accuratezza nella gestione delle crisi.
Problemi da affrontare con la tecnologia Rfid
Sicuramente uno dei principali problemi connessi con l’uso della tecnologia Rfid e’ quella legata alla privacy del singolo lavoratore.
La geolocalizzazione e il controllo costante delle attivita’ e’ di grande aiuto in caso di incidente ma puo’ essere molto irritante se non fuori luogo in altre circostanze .
Ma non vi sono solo problemi legati alla privacy personale ; sono in corso studi che stanno valutando i rischi connessi con l’adozione di fonti di emissione da radiofrequenze
Non a caso ,nell’Unione Europea, i rischi correlati all’uso delle radio frequenze sono contemplate nelle seguenti direttive attinenti all’uso di campi elettromagnetici :
- Directive 2004/40/EC of the European Parliament and the Council of 29 April 2004 on minimum health and safety requirement regarding the exposure of workers to the risks arising from physical agents (electromagnetic Fields (up to 300 Ghz)
- Guideline for Limiting Exposure to Time – Varying Electric , Magnetic , and Electromagnetic Fields (up to 300 Ghz)
- D.Lgs 81/2008 Titolo VIII capo IV (protezione dei lavoratori da campi elettromagnetici)
Senza entrare in dettagli tecnici , per campo elettromagnetico si intende una presenza di radiazioni elettromagnetiche sottoforma di onde che si muovono nello spazio.
Per frequenza si intende il numero di queste onde che passano in un dato punto per secondo.
Le radio comunicazioni e le microonde sono conosciute come radiofrequenze e tipicamente sono nel “range” tra i KHz e i GHz
Nel caso della tecnologia Rfid le frequenze usate sono nell’ordine dei 145 KHz , 13.56 MHz , 800-900 MHz e 2.4 GHZ
In funzione dei loro effetti a loro volta le radiazioni elettromagnetiche si dividono in radiazioni ionizzanti (che possono provocare danni biologici , incluso modificazioni del DNA) e radiazioni non-ionizzanti.
Le radiazioni Rfid sono classificate come non-ionizzanti e gli effetti conosciuti sono del tipo “a breve termine” e si riferiscono al loro effetto di riscaldamento locale. Non sono stati dimostrati effetti a lungo termine come sterilita’ , cancro ed altri possibili conseguenze negative.
Va detto peraltro che la non dimostrabilita’ degli effetti non vuol dire che non vi siano rischi biologici , e questo e’ un punto da considerare con molta attenzione.
Nella direttiva gia’ citata del 2004/40/EC si fa riferimento a precise tabelle che indicano i limiti massimi di frequenza ed energia dei campi magnetici a cui possono essere esposti i lavoratori al fine di prevenire possibili conseguenze.
Qui arriva il punto dolente : nel caso di adozione della tecnologia Rfid occorre accertarsi che i valori in gioco non siano potenzialmente nocivi per il personale o quanto meno rimangano entro i termini stabiliti dalle direttive europee.
Si è osservato infatti che in alcuni sistemi commercializzati , al fine di garantire una maggiore “copertura” del servizio Rfid non tengono conto dei limiti imposti ma utilizzano una potenza di emissione che puo’ risultare assolutamente nociva.
Attenzione dunque : ben venga la tecnologia per prevenire i rischi sul lavoro ma occorre vigilare che la soluzione non sia una ulteriore possibile causa di danno biologico.